mercoledì 23 dicembre 2009

Ritrovate le spoglie mortali del Caravaggio ?


Michelangelo Merisi, o Merigi o Amerighi, detto il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 –Porto Ercole, 18 luglio 1610 )è considerato il primo grande pittore esponente della scuola baroccae uno dei più celebrati pittori del mondo. Malato di malaria , con un carattere difficile , spesso in fuga per sfuggire ad una condanna a morte emessa dal tribunale di Roma per l’omicidio di Ranuccio Tommasoni , il pittore “ maledetto “ finì la sua breve vita ( 39 anni ) nell’ospdale di Santa Maria Ausiliatrice di Porto Ercole.
In realtà si erano perse le tracce delle spoglie mortali del Caravaggio , ma il giorno 21 dicembre 2009 un gruppo di ricercatori coordinati dal giornalista e studioso Silvano Vinceti hanno ritrovato nel cimitero di Porto Ercole un mucchietto di reperti ossei provenienti dal vecchio cimitero di San Sebastiono , che una volta sottoposti a test con il carbonio 14 ed altre analisi ancora più sofisticate, potranno confermare o meno l’attribuzione
Il 2010 celebrerà quindi i 400 anni dalla morte dell’artista ed a Firenze si svolgerà dal 22 maggio al 17 ottobre alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti e agli Uffizi la mostra “Caravaggio e caravaggeschi a Firenze” . Esposizione dei capolavori caravaggeschi e di un movimento ai quali i Medici e le grandi famiglie dedicarono attenzioni appassionate. A partire da quei primi folgoranti dipinti del Caravaggio che il cardinal Del Monte donò al Granduca Ferdinando I – la Medusa e il Bacco – giunsero a Firenze pitture e pittori che fecero della città una “capitale caravaggesca”. In esposizione capolavori del Merisi, pitture potenti, immagini di oscuri interni di mano dei Gentileschi, Honthorst, Stomer e di tanti altri, italiani e stranieri.

Ritrovate le spoglie mortali del Caravaggio ?


Michelangelo Merisi, o Merigi o Amerighi, detto il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 –Porto Ercole, 18 luglio 1610 )è considerato il primo grande pittore esponente della scuola baroccae uno dei più celebrati pittori del mondo. Malato di malaria , con un carattere difficile , spesso in fuga per sfuggire ad una condanna a morte emessa dal tribunale di Roma per l’omicidio di Ranuccio Tommasoni , il pittore “ maledetto “ finì la sua breve vita ( 39 anni ) nell’ospdale di Santa Maria Ausiliatrice di Porto Ercole.
In realtà si erano perse le tracce delle spoglie mortali del Caravaggio , ma il giorno 21 dicembre 2009 un gruppo di ricercatori coordinati dal giornalista e studioso Silvano Vinceti hanno ritrovato nel cimitero di Porto Ercole un mucchietto di reperti ossei provenienti dal vecchio cimitero di San Sebastiono , che una volta sottoposti a test con il carbonio 14 ed altre analisi ancora più sofisticate, potranno confermare o meno l’attribuzione
Il 2010 celebrerà quindi i 400 anni dalla morte dell’artista ed a Firenze si svolgerà dal 22 maggio al 17 ottobre alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti e agli Uffizi la mostra “Caravaggio e caravaggeschi a Firenze” . Esposizione dei capolavori caravaggeschi e di un movimento ai quali i Medici e le grandi famiglie dedicarono attenzioni appassionate. A partire da quei primi folgoranti dipinti del Caravaggio che il cardinal Del Monte donò al Granduca Ferdinando I – la Medusa e il Bacco – giunsero a Firenze pitture e pittori che fecero della città una “capitale caravaggesca”. In esposizione capolavori del Merisi, pitture potenti, immagini di oscuri interni di mano dei Gentileschi, Honthorst, Stomer e di tanti altri, italiani e stranieri.

lunedì 14 dicembre 2009

SALVIAMO LE STELLE DI NATALE



















La Stella di Natale ,nota anche come Poinsettia , è una pianta ornamentale originaria del Messico dove cresce spontaneamente raggiungendo ,allo stato selvatico, un altezza tra i due ed i quattro metri.
Il suo nome scientifico è Euphorbia pulcherrima : è un arbusto sempre verde appartenente all’ordine Euphorbiales ,famiglia Euphorbiacee , genere Euphorbia , specie pulcherrima.
Ha fusti carnosi , rigidi , molto ramificati , al cui interno vi è una sostanza lattiginosa leggermente irritante , che danno origine ad una chioma tondeggiante con grandi foglie ovali , talvolta lobate , di colore verde scuro . In inverno all’apice dei fusti si sviluppa una infiorescenza costituita da un piccolo mazzetto di fiorellini bianco-verdastri , sottesi da numerose brattee colorate di rosso.
E’ una pianta tipicamente natalizia perché una leggenda messicana ci racconta come tra i pastori giunti ad adorare Gesù bambino ci fosse anche una bambina poverissima che non avendo trovato niente in casa da regalare a Nostro Signore , strada facendo ,nella foresta aveva raccolto questo splendido fiore spontaneo.
La Stella di Natale è una pianta tipicamente brevidiurna , per questo motivo la sua fioritura avviene in pieno inverno quando le giornate sono più corte:
la luce stimola la crescita della pianta , ma per avere una bella fioritura deve stare molte ore al buio.
Alla fine del periodo natalizio guardando vicino ai cassonetti della immondizia assistiamo alla lenta agonia di alberi di natale e stelle di natale : l’euphorbia pulcherrima perde facilmente le foglie ,ma non muore , per questo non va gettata via.
Se ha delle buone radici e viene posta in un luogo luminoso, dopo averla opportunamente potata , lasciandola vegetare per tutta l’estate , a fine settembre ,potrà essere riportata all’interno ( ricordarsi minimo otto ore di buio al giorno) e riprenderà a fiorire.
Nel periodo invernale la pianta necessita di concimazioni ogni 15 giorni ed innaffiature ogni due o tre giorni , mentre durante il riposo estivo la si potrà tenere anche al sole con innaffiature sporadiche ma con qualche concimazione mensile.
Qualcuno asserisce che la fioritura dell’anno successivo sembra ancora più bella :
per assolvere un debito di riconoscenza ?

giovedì 26 novembre 2009

Festa della Toscana 2009


Festa della Toscana 2009
Arti, culture, futuro

La Regione Toscana ha istituito la Festa della Toscana con la legge regionale 21 giugno 2001, n. 26 per ricordare l'abolizione della pena di morte avvenuta il 30 novembre del 1786 (per la prima volta al mondo) ad opera del Granduca di Toscana, e per ribadire il proprio impegno per la promozione dei diritti umani, della pace e della giustizia, elementi costitutivi dell'identità della Toscana.
La Festa è celebrata con numerose iniziative che il Consiglio regionale, le Province e i Comuni, le associazioni e le istituzioni del territorio hanno organizzato e che coinvolgono ogni località della regione tra novembre e dicembre.

La Festa della Toscana del prossimo anno sarà dedicata all’Unità d’Italia, in vista delle celebrazioni per il 150° anniversario. Passa all’unanimità la mozione presentata dal centrodestra sulle “iniziative da assumere per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità dell’Italia e del peculiare ruolo svolto dalla Toscana nella costruzione dell’identità nazionale”.

mercoledì 18 novembre 2009

Costanza Algranti : ricupera, crea e arreda.



















Livorno una città da amare . Ed i suoi artisti ? Da ricordare e scoprire .
Costanza Algranti , livornese , tennista , è una artista che lavora a Milano dove nel suo studio-laboratorio-officina raccoglie materiali di scarto di varia provenienza per trasformarli in elementi di arredo di varia natura .
Ogni oggetto ha una propria storia da raccontare ,dal momento della sua produzione , alla sua collocazione ed al suo utilizzo per mesi od anni , finchè , logorato dal tempo , spesso divenuto inadeguato all’uso , viene abbandonato nei posti più impensabili .
Se finisce , fortuna per lui, sotto gli occhi e nelle mani di Costanza , insieme ad altri oggetti potrà di nuovo raccontare la sua storia . Da povero materiale di scarto riacquistare dignità e rispetto in una composizione artistica che potrà di nuovo essere funzionale in una casa o ufficio .
Allora direi proprio: riciclaggio con arte !


martedì 17 novembre 2009

Italiani brava gente o no ! Andiamo a vedere il film " Francesca"


Il prossimo 27 novembre uscirà nelle sale cinematografiche italiane il film rumeno “ Francesca “ del regista Bobby Paunescu.
Dopo essere stato presentato al festival di Venezia dove già suscitò perplessità e malumori tra alcuni personaggi politici italiani , stasera 17 novembre sarà proiettato in anteprima al cinema Portico di Firenze.

La novità del film che certamente suscita curiosità nel pubblico italiano risiede nella possibilità di vedere l’Italia tramite le aspettative e le negative perplessità di Francesca , una giovane rumena interpretata da Monica Birladeaunu.
In poche parole uno squarcio di vita misera in una Bucarest post Ceausescu dove una giovane ragazza sogna la possibilità di lavorare in Italia , consapevole però del fatto che ai suoi occhi ed in base alle sue notizie appare come un paese ostile .
Alcune frasi presenti nel film , giudicate ingiuriose, hanno fatto scattare anche una richiesta di sequestro della pellicola da parte dell’on. Alessandra Mussolini, cosa non accolta dal magistrato giudicante.

Di sicuro questa richiesta ha fatto salire la curiosità del pubblico per questo film : ci risentiamo dopo che lo abbiamo visto .



martedì 10 novembre 2009

20 anni fa crollò il muro di Berlino : evento storico e miracolo.


Una lunghissima fila composta di grossi parallelepipedi alti 1,3 metri, decorati da artisti e studenti berlinesi, è stata collocata dove un tempo sorgeva il muro nel tratto da Reichstagsufer passando dalla Porta di Brandenburgo fino alla Potsdamer Platz e fatta crollare il 9 novembre 2009 simulando uno spettacolare effetto "domino ".
La cerimonia , una delle moltissime , si è svolta a Berlino per celebrare i 20 anni dall'eccezionale evento storico che portò all'abbattimento del famigerato " muro " che di fatto divideva e separava le due germanie , est ed ovest.

Lech Walesa, l'ex presidente polacco che guido' la rivolta di Solidarnosc, ha abbattuto il primo parallelepipedo e questo mi fa venire in mente un altro crollo forse ancora più famoso : quello della " cortina di ferro " che portò al dissolversi dell'U.R.S.S. Cosa unisce i due eventi storici ? La carismatica figura di Giovanni Paolo II.
Ancora oggi non riesco a capire come sia riuscito in tale progetto senza mai neppure alzare la voce !

Mistero ? No, direi proprio miracolo !

A Cascina ( PI) lo sport va in scena.



Domenica 15 Novembre 2009 alle 21 alla Città del Teatro di Cascina ( PI) va in scena l'anteprima nazionale di Rhyth.mix uno spettacolo che è un mix tra arte e sport : atlete di ginnastica artistica sul palcoscenico.
Basta guardare la foto per comprendere che è una brillante idea !

mercoledì 4 novembre 2009

" Tre lire il primo giorno ": un film girato a Livorno che torna a casa!


Un film italiano realizzato nel 2008 con 30 giorni di lavorazione a Milano e dintorni, Siena e dintorni e Livorno , della durata di 89' .
Dopo avere girato i festival cinematografici di mezzo mondo , con grande successo, torna Livorno per farsi finalmente vedere ed apprezzare. In particolare recentemente al Beverly Hills Festival negli USA si è aggiudicato la medaglia d'oro .
Il film per la regia di Andrea Pellizzer narra di una intricata vicenda che ha per protagonista il francobollo più prezioso e raro del mondo : il Tre Lire Toscano . Pensate un pò , questo tesoro si trova sotto la pavimentazione della Terrazza Mascagni di Livorno......

martedì 27 ottobre 2009

Prima che arrivasse la TV !

Disegno a matita su carta cm.15x20 " Il sonno di Mauro " 4.02.1958 di Guidi Gino

Per la verità nel '58 la televisione c'era già , ma non in casa mia.
Si andava a vedere " Lascia o Raddoppia " il giovedì sera in qualche cinema
parrocchiale dove veniva abbinato l'evento televisivo con un film proiettato
in sala, altre famiglie invece assistevano al quiz di Mike Bongiorno in un bar
vicino casa . Ma tutte le altre sere , in particolare nel lungo inverno ,la radio
, una lettura di giornali, giornaletti , riviste o libri, il tombolo o giornino per le donne , quattro chiacchiere in famiglia , le storie fantastiche di qualche nonno
dal passato avventuroso , erano l'unico divertimento nelle nostre famiglie.
In casa Guidi per la verità c'era qualcosa di stupendamente di più : l'Arte.
E si ! Certe volte mio padre Gino si metteva al pianoforte a suonare qualche brano classico , ma quando l'atmosfera era più calda preferiva accompagnare mia madre
che si lanciava in gorgheggi di antichi successi .
Se la serata volgeva all'eccezionale poteva arrivare anche mio cugino Sergio Masini
che si esibiva con la sua voce prima tenorile e dopo da basso in " recondite armonie ". Ma la " bomba esclusiva ", riposta nell'armadio di camera come una preziosa reliquia , era uno splendido violino , conservato nella sua integra custodia in pelle nera. In particolare vicino alle feste di Natale , quando l'albero di Natale svettava in salotto inondando l'ambiente di un inebriante odore di ragia e cera bruciata , dopo qualche discussione sui successi di Galliano ( Galliano Masini ), oppure sugli ultimi quadri realizzati dai fratelli Guidi , saltava fuori
il magico strumento e mio padre si esibiva in qualche "civettuola suonatina ".
A parte, però, queste inebrianti variabili , le mie serate cominciavano e finivano
addormentato sul marmo del tavolo di cucina alle ore 9 o poco più.
Una sera di febbraio del '58 la matita sensibile , attenta e veloce di mio padre
fermò su un modestissimo pezzetto di carta bianca ,raccattato chissà dove,questa mia
reiterata e sublime abitudine.

lunedì 14 settembre 2009

Tra Cinema e Storia :le recensioni di Effebi










Recensione del film :

Die Welle, di Dennis Gansel: lo tsunami in provetta




Die Welle è l’Onda, simbolo di devoluzione dell’anima adolescenziale che un gruppo di liceali affida al professore più accattivante, quello più capace di mettersi in gioco, l’animatore del dibattito politologico, l’allenatore di pallanuoto, il filtro tra la scuola pedante e un mondo giocherellone, annoiato, incerto sui valori, quando addirittura non sprovvisto.







È il gruppo di liceali che ha scelto di discutere in una settimana di full immersion col professor Rainer, la definizione di “autocrazia”. Il professore lancia la sfida del gioco-simulazione che comporta il ritorno di un rispetto astorico, almeno pre-sessantottesco, del rispondere “sissignore”, del dare del lei e non del tu come di norma. Quel gioco si trasforma, di giorno in giorno, in un ritorno al passato remoto, sempre meno ludico e sempre più coinvolgente fino al più pieno assorbimento dell’obbedienza al “professore-capo”, all’unione che perde l’individualità nell’identità di gruppo, al riconoscersi solo nei simboli dell’omogeneità, dalla camicia bianca per tutti, al saluto che simula l’onda. Il mito del gruppo Onda si fa valore supremo e prevede l’esclusione di chiunque rifiuti la liturgia e i simboli.

Il precedente vuoto di valori si riempie di un diverso nulla delle proclamazioni e della propaganda del simbolo di gruppo distribuito a macchia d’olio per la città e perfino apposto vistosamente sulla torre del Municipio. Quella dinamica di spossessamento della personalità travolge le coscienze degli attori, e perfino quella del professore, indotto a calarsi a fondo nella parte di fuhrer fino a perdere la stima della moglie, mentre il giovane studente che più gli è caro perde quella della ragazza. Quando il professore, tornato alla piena consapevolezza, tira il gioco all’estremo parossismo per far emergere il terribile errore che ha alimentato, gli studenti si sciolgono dall’ipnosi, ma il più disperato e sradicato, che ha trovato nell’Onda una speranza, reagisce in modo drammatico.

Che significato dare all’esperimento del Professore, al di là dell’evidente metafora della fascinazione nazista? Difficile vedervi il rispecchiamento di un’antica genesi, come accadeva nel romanzo All’Ovest niente di nuovo o nei film che ne furono tratti dove un professore nazionalista trascinava i suoi allievi nel furore patriottardo preparatorio del nazismo. Più facile vedervi l’esperimento di laboratorio che fa interagire alcuni elementi del fenomeno storico con le attitudini giovanili contemporanee per ottenere un’inconsapevole amalgama dietro simboli autoreferenziali e cattivi maestri. Racconto tedesco, dunque, di un fenomeno europeo, indicazione di pericolo sulla manipolazione delle coscienze, esperimento di devianza in equilibrio tra la metafora, la caricatura, il dramma. Scuola e adolescenti si fronteggiano e il professore è il cedevole punto di equilibrio in un sistema di cui il film nasconde ingranaggi fondamentali, dalla famiglia, rappresentata solo per assenza o per stravagante presenza, alla società civile, distratta spettatrice del sorgere in mezzo a lei di una sorta di “villaggio dei dannati”. Alla ragazza, invece, quasi solitaria protagonista di una ribellione morale, scrittrice di manifesti contro l’Onda, capace di riprendere il ragazzo “riprogrammato alla civiltà”, il meritorio ruolo di salvare i topolini del pifferaio di Hammerlin e il pifferaio stesso, che chiude il film camminando tra due poliziotti, meditando forse sul male dell’incoscienza pedagogica.




Effebi


Recensione del film :


Che prima parte, l’Argentino, di Steven Soderbergh: i due Guevara e l’unità di un mito

Con Che l’argentino si apre il dittico dedicato al mitico rivoluzionario che accompagnò Fidel Castro nella liberazione di Cuba. La continuazione, Che seconda parte, la guerriglia, arriverà a breve sugli schermi e completerà l’opera che racconta la storia attraverso la psicologia di un personaggio. Ne parleremo. Che potrà dire intanto il primo film alle giovani generazioni che del Che hanno un’immagine sfuocata? E che disse l’eco del Che alle generazioni contemporanee? Forse il film dirà agli uni che la rivoluzione è un’idea lontana, mentre l’eco disse ai secondi che era un’idea a portata di mano. Il film racconta la storia del movimento 26 luglio che, da un pugno di uomini, si fece strappo di un popolo contro una lunga colonizzazione. Vi confluiscono più racconti, quello di un’America latina permanentemente in cerca di sé, inquieta e instabile, quello di una lotta nata non come ideologica ma come ansia di libertà per approdare poi alla società socialista, e quello di un tempo del cambiamento che investì il mondo per un decennio.





Vi sono due Ernesto Guevara nel film. Uno è quello che parla, nel 1964, alle Nazioni Unite contro l’Imperialismo degli Usa e contro i loro alleati o asserviti e che racconta a una giornalista americana le ragioni della rivoluzione. L’altro è un Guevara più simile al suo interprete, Benicio del Toro, eroe dinoccolato del 1957-58, che porta il basco e il sigaro con estrema corrispondenza all’immagine condivisa del guerrigliero. Entrambi si ritrovano in un’immagine che si fece idea stessa della rivoluzione, sopravanzando quella del lento decadere del leader maximo verso la dittatura che in fondo fu l’alternativa più incisiva nell’immagine del movimento. Cosa incarnava il Che, se non la purezza disinteressata della rivoluzione a fronte del desiderio di potere che non risparmiò Fidel?

La pellicola però rappresenta la sintonia dei due rivoluzionari e il carisma di Fidel, politicamente e strategicamente più fecondo e abile, più machiavellico e intuitivo, più sottilmente capo, ma parla soprattutto dello spessore umano del Che, interpretato attraverso la convinzione nel principio di libertà e la pedagogia verso il popolo. Tutta l’epopea guerrigliera rappresentata dal film che ricostruisce il farsi della lotta al dittatore Batista, culminata nella vittoria del 30 dicembre 1958 a Santa Clara , rappresenta un grosso fatto di pedagogia sociale e rivoluzionaria. Non si prendono nelle fila della guerriglia uomini e donne disarmati o che non sappiano leggere e scrivere, e semmai si tengono durante i riposi nei nascondigli corsi di alfabetizzazione. Il Che è il maestro, il pedagogo, il medico che cura le ferite della battaglia e il male dei contadini, l’interprete di un’anima popolare che attende la catarsi della libertà e della riforma agraria e che si tuffa nella lotta. Lunghe marce, fatica, delusione, amore per l’umanità e per il vero, tentazione di fuga lontano dal fuoco, possibilità del tradimento, inesorabilità del castigo. Tutto questo attraversa il mondo che ruota intorno alla figura di Ernesto Guevara che della rivoluzione rappresenta l’ardore e la logica profonda, il principio per cui vince chi più è convinto della vittoria, perché sente giusto il motivo della sua lotta. Il Che è tanto essere umano, con la sua asma, con i suoi momenti di debolezza, quanto eroico combattente che ogni giorno di più apprende il significato di ciò che fa e lo rivela agli altri. In questo senso, appartiene alla storia delle rivoluzioni della sua terra, al sogno di libertà di Bolivar, a quel profondo senso dell’indipendenza che tanto contrastava con le ragioni del colonialismo vecchio e nuovo cui altri latino-americani vendettero la vita della loro gente. La memoria di Guevara ha resistito al tempo. Si compone di un messaggio e di simboli, identici tanto nella guerriglia che nella dialettica davanti all’ONU, segni riconoscibili di un’esistenza che per essere mito ebbe bisogno di vedersi riconosciuta nella sua autenticità.




( Film visto il 14 aprile 2009 al Cinema Nuovo di la Spezia )



Effebi

Recensione del film :
Che seconda parte, la guerriglia, di Steven Soderbergh: tre domande e una sola risposta

Il secondo film di Steven Soderbergh su Ernesto Guevara, Che la guerriglia, supera l’antinomia tra il ministro e il guerrigliero rappresentata nella prima parte alternando il colore e il bianco e nero. Il racconto salta i sette anni che separano la rivoluzione vincente di Cuba dal tentativo di esportare il movimento in Bolivia, prima tappa di una liberazione dell’America latina sognata dal Che e rimasta anche l’ultima. Qual è il tema storico del film? Sta in due domande: cosa separa il tormento del guerrigliero Guevara dalla assuefazione al potere del capo e amico Fidel? Cosa divide la rivoluzione vincente da quella che si esaurisce miseramente tra le balze della serra boliviana?

Il film sulla guerriglia accenna alle due cose un po’ timidamente e finisce per non dare completa risposta alle due domande, come se una riserva impedisse di andare a fondo della riflessione che deve pure esserci stata nella mente del protagonista. “Cuba progredisce” spiega il Che prigioniero al giovane soldato carceriere cui non manca il sentimento umano, ma non dice molto. Cuba progredisce, ma in quale direzione? Progredisce forse nella direzione sognata di una completa dignità della persona umana, di quella religione dell’uomo che il Che invoca come propria? O progredisce fornendo quei connotati di stato sociale e di soddisfazione dei bisogni della popolazione, dalla sanità all’istruzione, che una buona socialdemocrazia sa dare senza necessariamente coltivare un culto della personalità e senza imporre una dittatura? La risposta nel film manca. Neppure è intuibile, ed è una mancanza che si avverte perché forse nella mente del rivoluzionario che lasciò la poltrona di ministro e il potere politico ci fu la consapevolezza che quella di Cuba era stata rivoluzione a metà.

Quel silenzio fu il probabile frutto della sensibilità politica del Che che gli fece assumere su di sé la dimensione piena del rivoluzionario per non scatenare una battaglia politica che poteva vanificare la lotta compiuta. Tagliarsi i ponti alle spalle, dunque, come nella lettera indirizzata al leader maximo con la rinuncia ai gradi, alla carica di governo, al ruolo nel Comitato centrale del Partito, volgendo la prua verso la rivoluzione.

Con quella lettera comincia il racconto cinematografico, l’avventura in Bolivia del calvo signore anzianotto dietro le cui sembianze si nasconde la scavata immagine del rivoluzionario per riapparire pochi giorni dopo tra i boschi montani della Bolivia. L’immagine sofferta del Che-Benicio del Toro si ritrova nelle minuscole fila di un esercito sparuto e non in grado di svolgere davvero la sua battaglia. Ed è qui che si deve affrontare la seconda domanda sulla natura vincente di un processo rivoluzionario. Antica questione che non si limita alle vicende del Che, ma che coinvolge altri gloriosi personaggi, ad esempio il Carlo Pisacane di Sapri, tanto simile per l’isolamento dell’esercito guerrigliero dal mondo da liberare.

Il film mostra l’incompiuto tentativo di organizzare davvero un compatto esercito rivoluzionario che fondesse gli elementi cubani con i boliviani e si rivela invece una sorta di lunga fuga a tappe senza chiara meta tra le montagne, i boschi, le casupole sperdute di una popolazione contadina indifferente e spaventata. È questo il punto, la totale indifferenza di una popolazione secolarmente abituata alla sopravvivenza e incline a custodire la grama tranquillità dai guerriglieri, visti come un pericolo nonostante il rispetto, e dai soldati che le gesta rivoluzionarie portano a interferire con i loro ritmi di vita. In questo si misura la possibilità politica della rivoluzione, stando almeno alla materia del film, tra il primo e il secondo atto della drammatica storia rivoluzionaria del Che. Il primo è illuminato dalla sagacia militare e politica di Fidel Castro, il secondo è caratterizzato da un più confuso progetto del Che. E forse potevano non servire due film se la fine del secondo avesse aperto un flash-back contenente il primo. Ma ciò non toglie che il Che tratteggiato da Steven Soderbergh rimanga ancora valida icona di un pensiero che attraversò la cultura di tanti giovani che il 10 ottobre del 1967 seppero della morte del guerrigliero. S’incise allora in molte coscienze l’immagine che il cambiamento politico esigesse la testimonianza personale e rivissero allora le memorie dei tanti martiri di esperienze magari strategicamente sbagliate, ma valide eticamente. E ciò muove una terza domanda: per quella generazione ormai incanutita quanto di quell’immagine resta dopo i decenni vincenti di una politica che dell’etica non ha fatto il suo primo valore?

( Film visto il 3 maggio 2009 al cinema Flora di Firenze )

Effebi



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Scheda del film :Die Welle , di Dennis Gansel



Die Welle, Germania 2008, 107', regia: Denis Gansel, sceneggiatura: Denis Gansel e Peter Thorwarth, produzione: Christian Becker, Nina Maag, Anita Schneider; musica: Heiko Maile; fotografia: Torsten Breuer; montaggio: Ueli Christen; interpreti: Jürgen Vogel: Rainer Wenger; Frederick Lau: Tim; Max Riemelt: Marco; Jennifer Ulrich: Karo;Christiane Paul: Anke Wenger; Elyas M’Barek: Sinan; Cristina do Rego: Lisa; Jacob Matschenz: Dennis; Maximilian Vollmar: Bomber; Maximilian Mauff: Kevin; Ferdinand Schmidt-Modrow: Ferdi; Tim Oliver Schultz: Jens; Amelie Kiefer: Mona; Odine Johne: Maja; Fabian Preger: Kaschi; Alexander Held: Tims Vater


Il film di Dennis Gansel, Die Welle (L’onda), vincitore come miglior sceneggiatura al ventiseiesimo Torino Film Festival, trae ispirazione da avvenimenti accaduti nella classe di storia di una scuola di Palo Alto in California, la Cubberley High School, dove il prof. Ron Jones, nell’aprile 1967, ha tentato l’esperimento didattico di fare provare alla propria classe il totalitarismo invece di spiegarglielo.

Da questa esperienza lo scrittore americano Todd Strasser ha tratto nel 1981 il libro The Whave , da cui Dennis Gansel e Peter Thorwarth hanno ricavato la sceneggiatura per Die Welle.

La redazione

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Scheda del film :CHE-L'ARGENTINO


Regia: Steven Soderbergh

Attori: Benicio Del Toro, Demian Bichir, Santiago Cabrera, Elvira Mínguez, Jorge Perugorría, Edgar Ramirez, Victor Rasuk, Armando Riesco, Catalina Sandino Moreno, Rodrigo Santoro, Unax Ugalde, Yul Vázquez, Carlos Bardem, Joaquim de Almeida, Eduard Fernández

L'argentino è il primo episodio della pellicola realizzata dal regista americano Steven Soderbergh sulla storia di Ernesto Guevara. Il film racconta la storia di Guevara ai tempi della rivoluzione cubana dei barbudos guidati da Fidel Castro

La redazione

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Scheda del film :CHE- GUERRIGLIA

Regia : Steven Soderbergh

con Benicio Del Toro, Yul Vazquez, Franka Potente, Demián Bichir, Rodrigo Santoro, Catalina Sandino Moreno, Norman Santiago, Othello Rensoli, Jorge Perugorría, Néstor Rodulfo. Prodotto in Francia, Spagna, USA. Durata: 131 minuti. Distribuito in Italia da Bim

Guerrilla, è il secondo episodio della pellicola realizzata dal regista americano Steven Soderbergh sulla storia di Ernesto Guevara.
Dopo la rivoluzione cubana, il Che è all'apice della sua fama e del suo potere. Poi improvvisamente sparisce, e ricompare in incognito in Bolivia, dove organizza un piccolo gruppo di compagni cubani e reclute boliviane destinati a dare inizio alla grande rivoluzione latino-americana.

La redazione

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UN AMICO DI FAMIGLIA : il prof. Fabio Bertini

Fabio Bertini è prima di tutto Fabio , un amico della pubertà, un vate della poesia giovanile che forma lo spirito adolescenziale predisponendolo alla acuta sensibilità che potrà , in epoche successive ,trovare i giusti approdi.

Ricordo e conservo gelosamente alcuni suoi pensieri tradotti in poesie raccolte in un libretto intitolato " La cittadella dei bottoni " ( poesie dal 1963 al 1969) dove, tra l’altro , pochi versi ( La noia in giardino ) immortalano il desiderio di analizzare fino in fondo il proprio io partendo dal semplice contesto ambientale, il minuscolo giardino di Casa Guidi.

Oggi è un professore universitario , uno studioso di storia di livello internazionale che mi ha inviato, in seguito ad una mia sollecitazione , uno scritto che vado a pubblicare con gioia nella pagina dedicata agli artisti di Casa Guidi.



Perché lui ne ha diritto ed è per me un grande onore.


Mauro Guidi



Dedicato a Ugo Canessa che mi chiese una "memoria" livornese.




Nell’affollarsi di memorie di una carriera scolastica talmente lontana da appartenere a decenni fa, i primi spezzoni si svolgono lungo la via che portava dal Voltone al Fosso del Mercato, alle Benci. Le Benci riemergono più attraverso le cose che attraverso le persone. Le maestre e i maestri sono figure sfumate, per l’averne cambiati diversi, salvo qualche immagine persistente, il direttore Corsi, elegante con baffi che richiamavano quelli di mio padre, ma un po’distante, il maestro Orsini, di quinta, che metteva un po’ soggezione. Restano di più a mente le cose, il grande ingresso, dove ricordo ammucchiati i sacchi della roba che portammo per l’alluvione del Polesine, e dove vedemmo una proiezione di Cielo sulla palude, di Genina, proiettato a noi forse perché percepissimo elementi di una moralità di cui non poteva che sfuggirci il senso. E ancora il vaccino contro la tubercolosi, in una stanzetta che non saprei certamente ritrovare della scuola, un pennino dell’antitubercolare graffiante la spalla, e la gita, in una mattina di sole, verso il viale Italia, per la festa degli alberi, in fila, con altre scolaresche, a piantare qualcosa (un seme? un alberello?), senza comprendere il senso di quell’operazione.

Per capire di più, dovevo andare oltre quella scuola, e raggiungere le Marradi, la scuola media di cui mi colpiva l’immagine di quel partigiano, di quei nomi, della scritta "Salvaste l’Italia, non morrete mai". Era più facile cominciare a capire e ricordare, questa volta, più le persone che le cose, ricordare Marta Bassano, quella piccola, impettita, rigorosa, sferzante e incalzante, carissima, indimenticabile professoressa di Lettere. Incalzante sul latino, sui verbi, sulla grammatica, sul gusto delle etimologie, sul perché di ogni cosa e sul senso dell’impegno come una vestale del dovere, ma di un dovere pieno di senso. Proiettata a creare in noi, poveri di sostanze e di cultura, l’idea che lottando con noi stessi per sapere, per riuscire a dominare la lingua, a scrivere e a lavorare di cervello, compivamo insieme un dovere e un diritto.

E che questo fosse il suo intento, allora, si poteva capirlo subito, perché ogni lettura, le poesie imparate a memoria, i grandi poemi, spiegati puntigliosamente e con grande chiarezza, erano esercizi di vita e di temperamento alla vita. Come se vivere la quotidianità della scuola, con lei, fosse continuo inerpicarsi. Così, la battaglia epica tra Achille ed Ettore, il conflitto di Ulisse con Polifemo, era lo scontro di idealità e consapevolezza delle possibilità umane, e la cultura classica presentimento e discussione dei valori con cui ci saremmo dovuti misurare. Ebrea e italiana, orgogliosa di entrambe le cose, portava dentro un senso forte della tolleranza che esprimeva simbolicamente e direttamente, nella percezione drammatica della storia che si faceva presente e motivo di dialogo, nel suo rispetto per le cose di tutte le culture religiose. Non potevamo saperlo, ma portava dentro la grande lezione della cultura livornese.

Per questo ci mandò a raccogliere e tradurre lapidi ai cimiteri sulla via della Rosa, perché facessimo esercitazione di latino e intanto cogliessimo il senso di quei messaggi affidati al compianto. Per questo ci mandò a vivere la festa del 2 novembre alle tombe garibaldine dei Lupi, perché ci innamorassimo del Risorgimento. Per questo volle che imparassimo a mente l’Inno di Mameli e lo sapessimo interpretare drammaticamente senza concedere spazio ai risolini ed alla voglia di scherzare anche su quello che non ci mancava certo. Per questo faceva sì che fosse tanto difficile sottrarsi a quel continuo lavoro che ci proponeva, insieme a lei o a casa, e nell’osservazione della città.

Per questo ci dette una grande lezione di coraggio che, in lei, cultrice delle lettere classiche, rivelava la grande partecipazione al presente che costituiva la lezione più preziosa.

Accadde quando la cagnetta Laika volò nello spazio, primo essere vivente che travalicasse l’atmosfera, su uno Sputnik. Quella donna bassa, nel suo grembiule nero, che i più alti di noi stavano scavalcando, venne a scuola con una foto di Laika, ricavata – penso – da un giornale e incorniciata. L’affisse al muro e ci spiegò perché lo faceva, persuasa che in quell’occasione si stesse svolgendo una grande svolta della storia.

Tornando la mattina dopo scoprì che la foto non c’era più e seppe che l’aveva fatta togliere il preside, Lorenzo Conti, preoccupato che si potesse cogliere in quell’affissione un gesto politico. Ma non era così, era un gesto di fiducia nella scienza e nell’umanità ed era soprattutto, per Marta Bassano, un gesto di coinvolgimento e di riflessione su cui far misurare i suoi allievi. Su questo avvenne lo scontro tra quei due, il Preside e la Professoressa, ma non nel chiuso della Presidenza. Avvenne davanti a noi, perché, per la Professoressa di Italiano e Latino, non c’era altra sede per confrontarsi. Da una parte Lei, irremovibile e impettita, dall’altra lui, altrettanto bassino, sudato, che cercava di spiegare e spiegare, con crescente difficoltà.

Vinse naturalmente lei, che mantenne il quadretto attaccato e che aveva ancora volta fatto lezione. Questa volta, non tra passato e presente, ma tra presente e futuro. Quello che aveva teorizzato tante volte, parlando di coraggio civile e di dovere, l’aveva dimostrato ancora una volta ed era una lezione indimenticabile.




Fabio Bertini

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UN AMICO DI FAMIGLIA : il prof. Fabio Bertini

Fabio Bertini è prima di tutto Fabio , un amico della pubertà, un vate della poesia giovanile che forma lo spirito adolescenziale predisponendolo alla acuta sensibilità che potrà , in epoche successive ,trovare i giusti approdi.

Ricordo e conservo gelosamente alcuni suoi pensieri tradotti in poesie raccolte in un libretto intitolato " La cittadella dei bottoni " ( poesie dal 1963 al 1969) dove, tra l’altro , pochi versi ( La noia in giardino ) immortalano il desiderio di analizzare fino in fondo il proprio io partendo dal semplice contesto ambientale, il minuscolo giardino di Casa Guidi.

Oggi è un professore universitario , uno studioso di storia di livello internazionale che mi ha inviato, in seguito ad una mia sollecitazione , uno scritto che vado a pubblicare con gioia nella pagina dedicata agli artisti di Casa Guidi.



Perché lui ne ha diritto ed è per me un grande onore.


Mauro Guidi



Dedicato a Ugo Canessa che mi chiese una "memoria" livornese.




Nell’affollarsi di memorie di una carriera scolastica talmente lontana da appartenere a decenni fa, i primi spezzoni si svolgono lungo la via che portava dal Voltone al Fosso del Mercato, alle Benci. Le Benci riemergono più attraverso le cose che attraverso le persone. Le maestre e i maestri sono figure sfumate, per l’averne cambiati diversi, salvo qualche immagine persistente, il direttore Corsi, elegante con baffi che richiamavano quelli di mio padre, ma un po’distante, il maestro Orsini, di quinta, che metteva un po’ soggezione. Restano di più a mente le cose, il grande ingresso, dove ricordo ammucchiati i sacchi della roba che portammo per l’alluvione del Polesine, e dove vedemmo una proiezione di Cielo sulla palude, di Genina, proiettato a noi forse perché percepissimo elementi di una moralità di cui non poteva che sfuggirci il senso. E ancora il vaccino contro la tubercolosi, in una stanzetta che non saprei certamente ritrovare della scuola, un pennino dell’antitubercolare graffiante la spalla, e la gita, in una mattina di sole, verso il viale Italia, per la festa degli alberi, in fila, con altre scolaresche, a piantare qualcosa (un seme? un alberello?), senza comprendere il senso di quell’operazione.

Per capire di più, dovevo andare oltre quella scuola, e raggiungere le Marradi, la scuola media di cui mi colpiva l’immagine di quel partigiano, di quei nomi, della scritta "Salvaste l’Italia, non morrete mai". Era più facile cominciare a capire e ricordare, questa volta, più le persone che le cose, ricordare Marta Bassano, quella piccola, impettita, rigorosa, sferzante e incalzante, carissima, indimenticabile professoressa di Lettere. Incalzante sul latino, sui verbi, sulla grammatica, sul gusto delle etimologie, sul perché di ogni cosa e sul senso dell’impegno come una vestale del dovere, ma di un dovere pieno di senso. Proiettata a creare in noi, poveri di sostanze e di cultura, l’idea che lottando con noi stessi per sapere, per riuscire a dominare la lingua, a scrivere e a lavorare di cervello, compivamo insieme un dovere e un diritto.

E che questo fosse il suo intento, allora, si poteva capirlo subito, perché ogni lettura, le poesie imparate a memoria, i grandi poemi, spiegati puntigliosamente e con grande chiarezza, erano esercizi di vita e di temperamento alla vita. Come se vivere la quotidianità della scuola, con lei, fosse continuo inerpicarsi. Così, la battaglia epica tra Achille ed Ettore, il conflitto di Ulisse con Polifemo, era lo scontro di idealità e consapevolezza delle possibilità umane, e la cultura classica presentimento e discussione dei valori con cui ci saremmo dovuti misurare. Ebrea e italiana, orgogliosa di entrambe le cose, portava dentro un senso forte della tolleranza che esprimeva simbolicamente e direttamente, nella percezione drammatica della storia che si faceva presente e motivo di dialogo, nel suo rispetto per le cose di tutte le culture religiose. Non potevamo saperlo, ma portava dentro la grande lezione della cultura livornese.

Per questo ci mandò a raccogliere e tradurre lapidi ai cimiteri sulla via della Rosa, perché facessimo esercitazione di latino e intanto cogliessimo il senso di quei messaggi affidati al compianto. Per questo ci mandò a vivere la festa del 2 novembre alle tombe garibaldine dei Lupi, perché ci innamorassimo del Risorgimento. Per questo volle che imparassimo a mente l’Inno di Mameli e lo sapessimo interpretare drammaticamente senza concedere spazio ai risolini ed alla voglia di scherzare anche su quello che non ci mancava certo. Per questo faceva sì che fosse tanto difficile sottrarsi a quel continuo lavoro che ci proponeva, insieme a lei o a casa, e nell’osservazione della città.

Per questo ci dette una grande lezione di coraggio che, in lei, cultrice delle lettere classiche, rivelava la grande partecipazione al presente che costituiva la lezione più preziosa.

Accadde quando la cagnetta Laika volò nello spazio, primo essere vivente che travalicasse l’atmosfera, su uno Sputnik. Quella donna bassa, nel suo grembiule nero, che i più alti di noi stavano scavalcando, venne a scuola con una foto di Laika, ricavata – penso – da un giornale e incorniciata. L’affisse al muro e ci spiegò perché lo faceva, persuasa che in quell’occasione si stesse svolgendo una grande svolta della storia.

Tornando la mattina dopo scoprì che la foto non c’era più e seppe che l’aveva fatta togliere il preside, Lorenzo Conti, preoccupato che si potesse cogliere in quell’affissione un gesto politico. Ma non era così, era un gesto di fiducia nella scienza e nell’umanità ed era soprattutto, per Marta Bassano, un gesto di coinvolgimento e di riflessione su cui far misurare i suoi allievi. Su questo avvenne lo scontro tra quei due, il Preside e la Professoressa, ma non nel chiuso della Presidenza. Avvenne davanti a noi, perché, per la Professoressa di Italiano e Latino, non c’era altra sede per confrontarsi. Da una parte Lei, irremovibile e impettita, dall’altra lui, altrettanto bassino, sudato, che cercava di spiegare e spiegare, con crescente difficoltà.

Vinse naturalmente lei, che mantenne il quadretto attaccato e che aveva ancora volta fatto lezione. Questa volta, non tra passato e presente, ma tra presente e futuro. Quello che aveva teorizzato tante volte, parlando di coraggio civile e di dovere, l’aveva dimostrato ancora una volta ed era una lezione indimenticabile.




Fabio Bertini

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mercoledì 10 giugno 2009

Presentata la XXXedizione del Festival La Versiliana


Dal 2 luglio al 31 agosto nel Parco della versiliana si celebrerà a XXX edi zione del Festival della Versiliana che quest'anno propone un cartellone super-favoloso
34 spettacolo teatrali ( 4 prime nazionali ed una prima mondiale) , 62 ppuntamenti pomeridiani l Caffè e l'incontro storico tra il Festival La versiliana di Marina di pietrasanta e il festival Puccini di torre del Lago .
Guarda il servizio in video

giovedì 7 maggio 2009

Bolle di sapone di maggio.

















Foto M.Guidi



Bolle di sapone di maggio

Nascono tremolanti , si librano maestose nel cielo azzurro

sospinte dalla brezza della Terrazza Mascagni,

muoiono tra le braccia sospese dei bambini.

Lui , dall'aspetto " mangiafuoco di Montmartre ",

ha il cipiglio e l'orgoglio della creazione.


Foto Mauro Guidi 7 maggio 2009 Terrazza Mascagni Livorno

venerdì 17 aprile 2009

Non buttate via la poesia !



Foto M.Guidi

Una storia che si racconta da sola con una casuale foto scattata per strada.
Un bambino ha perso l'amico dei suoi sogni e qualcuno lo ha " riposto " nel cestino dei rifiuti ? Oppure un adulto , deluso dall'unico amico di una vita chissà per quali colpe , lo ha punito in modo crudele ?
Ma c'è anche una versione ottimistica : ho semplicemente colto in una bella mattina di primavera il " puffo della poesia " appollaiato in un posto inusuale.


Pubblicato su AgoraVox del 2o aprile 2009

sabato 14 marzo 2009

Dall’11 settembre alla crisi finanziaria mondiale



Dopo l’11 settembre 2001 , ma allora si sapeva più o meno cosa era successo , è arrivato il disastro finanziario mondiale . E’ una vicenda dai connotati ancora incerti, drammatici ed inquietanti ma dagli Stati Uniti dove di fatto ha avuto inizio, non trapela niente che faccia piena luce su eventuali responsabilità.
Anche la stampa mondiale sembra avere perso , per ora , lo smalto investigativo che l’aveva contraddistinta in altre occasioni al punto di generare il famoso Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon.
Questa volta sulla stampa mondiale passano sulla vicenda “ crisi finanziaria mondiale “ solo “ veline “ dei vari ministeri economici che poco contribuiscono a fare comprendere la possibile vastità del problema.
Questa pochezza di informazioni contribuisce ad aumentare una sensazione di panico strisciante , anche perché è difficile ipotizzare vie di uscita da situazioni dai contorni così incerti.
In poche parole : qualcuno sa ma non dice ,oppure nessuno sa e troppo si dice ?
Io mi ritengo un fautore della prima ipotesi , ma sono curioso di avere qualche indicazione solleticante.

Pubblicato su Agoravox del 14.03.2009

sabato 7 marzo 2009

Le Grand Monde d'Andy Warhol

Parigi - Galeries Nationales

Grand Palais, Champs Elysées

Dal 18 marzo al 13 luglio 2009






Sono esposte 250 opere del padre della POP ART , tutti ritratti ( dello stresso formato ) realizzati con
la medesima tecnica , partendo da una foto del soggetto per arrivare alla pittura ed alla trasposizione serigrafica

giovedì 12 febbraio 2009

Pioggia di elettroni



Foto scattata all'interno della libreria Edison , recentemente realizzata su ristrutturazione dell'antico teatro Lazzeri di Livorno. Dal soffitto scendono verso il terreno ,dove è dislocata la libreria, una miriade di lunghissimi fili ( fibre ottiche ) al cui apice si accende un lead.

Foto Mauro Guidi del 10 febbraio 2009

martedì 3 febbraio 2009

Acquario e maxi buche alla Terrazza di Livorno




Ai disagi derivanti dai lavori all'Acquario , che ormai si stanno protraendo da tempi lunghissimi ,ce ne sono altri che sono intervenuti più recentemente .
L'accesso alla Terrazza Mascagni ( lato bagni Trotta per intederci)è chiuso ma la cosa più grave è la viabilità nella zona che in certe ore del giorno ed in particolare quando le giornate sono soleggiate diventa molto problematica a causa di buche fonde dai 10 ai 20cm che anche con i suv vanno affrontate molto lentamente per non rovinare definitivamente le sospensioni della macchina. Per permettere la sosta al maggior numero di macchine possibili è stato giustamente pensato un senso unico che obbliga il rientro delle auto verso il viale Italia percorrendo una strada sterrata che scorre sotto il muro di cinta dei bagni Trotta.
Queste buche sono molto insidiose in particolare quando sono piene d'acqua e l'automobilista non suppone che siano così profonde !
Al di là dei soliti appelli al Sindaco Cosimi , responsabile in prima persona ,ma anche i altri funzionari del Comune o dell'Asa ( responsabile della manutenzione stradale ) non sono più stati alla Terrazza Mascagni ?
Non sarebbe meglio amministrare la città con il criterio " del buon padre di famiglia " ?

Acquario e maxi buche alla Terrazza di Livorno




Ai disagi derivanti dai lavori all'Acquario , che ormai si stanno protraendo da tempi lunghissimi ,ce ne sono altri che sono intervenuti più recentemente .
L'accesso alla Terrazza Mascagni ( lato bagni Trotta per intederci)è chiuso ma la cosa più grave è la viabilità nella zona che in certe ore del giorno ed in particolare quando le giornate sono soleggiate diventa molto problematica a causa di buche fonde dai 10 ai 20cm che anche con i suv vanno affrontate molto lentamente per non rovinare definitivamente le sospensioni della macchina. Per permettere la sosta al maggior numero di macchine possibili è stato giustamente pensato un senso unico che obbliga il rientro delle auto verso il viale Italia percorrendo una strada sterrata che scorre sotto il muro di cinta dei bagni Trotta.
Queste buche sono molto insidiose in particolare quando sono piene d'acqua e l'automobilista non suppone che siano così profonde !
Al di là dei soliti appelli al Sindaco Cosimi , responsabile in prima persona ,ma anche i altri funzionari del Comune o dell'Asa ( responsabile della manutenzione stradale ) non sono più stati alla Terrazza Mascagni ?
Non sarebbe meglio amministrare la città con il criterio " del buon padre di famiglia " ?

domenica 11 gennaio 2009

Il 13 gennaio 2009 l'inaugurazione a Livorno del "Centro di Ricerca sulle Tecnologie per il Mare e la Robotica Marina”

Martedì 13 gennaio 2009 a Livorno, alle ore 12 nei locali dei Bagnetti Caldi dello Scoglio della Regina (viale Italia) è avvenuta l'inaugurazione ufficiale del nuovo Centro di Ricerca nel campo delle Tecnologie per il mare e della Robotica marina: una emanazione dei laboratori di robotica avanzata (Arts Lab) e di micro e nanoingegneria (Crim Lab) della Scuola Superiore Sant’Anna nel Polo Sant’Anna Valdera di Pontedera .






Dopo pochi mesi mesi dalla firma della Convenzione fra Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Comune di Livorno e Regione Toscana, iniziano le attività di ricerca sulla robotica marina,un vanto per le autorità competenti e per l'intera città che può annoverare tra le strutture universitarie già esistenti ( Accademia Navale e Polo logistico dell'Università di Pisa ) anche la famosa Scuola Superiore Sant'Anna.
Nel laboratorio di Livorno saranno sviluppate ricerche di biorobotica connesse con l'ambiente marino .
La biorobotica si occupa delle interazioni e dell’integrazione fra il mondo biologico e il mondo delle macchine e dei robot, studiando le creature viventi mediante i più avanzati metodi dell’ingegneria e sviluppando macchine e robot ad essi ispirati.
Ad inaugurare la nuova struttura sono stati il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, insieme a Maria Chiara Carrozza, direttore della Scuola Superiore Sant'Anna.
Presenti alla cerimonia l’assessore comunale ai Rapporti con Università e Ricerca Giovanna Colombini, e il livornesissimo prof. Paolo Dario direttore del Polo Sant’Anna Valdera, coordinatore dei Laboratori ARTS e CRIM, che guida il progetto livornese.


Cerimonia inaugurazione - prof.Paolo Dario

Il 13 gennaio 2009 l'inaugurazione a Livorno del "Centro di Ricerca sulle Tecnologie per il Mare e la Robotica Marina”

Martedì 13 gennaio 2009 a Livorno, alle ore 12 nei locali dei Bagnetti Caldi dello Scoglio della Regina (viale Italia) è avvenuta l'inaugurazione ufficiale del nuovo Centro di Ricerca nel campo delle Tecnologie per il mare e della Robotica marina: una emanazione dei laboratori di robotica avanzata (Arts Lab) e di micro e nanoingegneria (Crim Lab) della Scuola Superiore Sant’Anna nel Polo Sant’Anna Valdera di Pontedera .






Dopo pochi mesi mesi dalla firma della Convenzione fra Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Comune di Livorno e Regione Toscana, iniziano le attività di ricerca sulla robotica marina,un vanto per le autorità competenti e per l'intera città che può annoverare tra le strutture universitarie già esistenti ( Accademia Navale e Polo logistico dell'Università di Pisa ) anche la famosa Scuola Superiore Sant'Anna.
Nel laboratorio di Livorno saranno sviluppate ricerche di biorobotica connesse con l'ambiente marino .
La biorobotica si occupa delle interazioni e dell’integrazione fra il mondo biologico e il mondo delle macchine e dei robot, studiando le creature viventi mediante i più avanzati metodi dell’ingegneria e sviluppando macchine e robot ad essi ispirati.
Ad inaugurare la nuova struttura sono stati il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, insieme a Maria Chiara Carrozza, direttore della Scuola Superiore Sant'Anna.
Presenti alla cerimonia l’assessore comunale ai Rapporti con Università e Ricerca Giovanna Colombini, e il livornesissimo prof. Paolo Dario direttore del Polo Sant’Anna Valdera, coordinatore dei Laboratori ARTS e CRIM, che guida il progetto livornese.


Cerimonia inaugurazione - prof.Paolo Dario

giovedì 8 gennaio 2009

Giacometti ,l’Egiziano

Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa, 10 ottobre 1901 – Coira, 11 gennaio 1966) è stato un pittore e scultore svizzero,figlio del pittore postimpressionista Giovanni Giacometti e di Annetta .
Cominciò a disegnare, a dipingere e a scolpire assai giovane,dopo aver frequentato la Scuola di arti e di mestieri di Ginevra (1919) si iscrisse a Parigi ai corsi di scultura di Émile-Antoine Bourdelle, all'Accademia della Grande Chaumière (1922). Disparate esperienze culturali orientarono in direzioni diverse la sua operatività di questi anni. Lo testimoniano i suoi disegni, caratterizzati dalla frantumazione cubista, analitica, di ogni dettaglio, e sculture.






Perfino l’arte dell’antico Egitto ha stimolato la creatività di questo artista , per questo presso la Kunsthaus di Zurigo i capolavori dal Museo Egizio di Berlino - compresi i busti di Akhenaton e Nefertiti, la statua di blocco Senemut, e il cosiddetto Berlino Capo Verde - sono messe in rapporto con le opere scultoree di Alberto Giacometti, che è stato profondamente influenzato da queste forme classiche.
La mostra dal titolo :

Giacometti , l’Egiziano

è aperta fino al 24 maggio 2009.